
CELTIC WAY | DA NANTES A DUBLINO
Scritto e pedalato da Cristian Agnoli, PH Ambassador e molto altro..!
NON VOGLIO CAMBIARE SISTEMA
La Celtic Way da Nantes a Dublino di Cristian Agnoli
2 Maggio 2023

I viaggi in bici sono di moda, un po’ come tutte le attività di endurance, e lo sta diventando anche lo storytelling, adeguato alla narrazione ai tempi di social media, self-publishing, followers e communities.
Resta un pubblico di nicchia quello dei viaggi in bici e parlare di “fenomeno mainstream” forse è azzardato. Ma basta a risvegliare in molti quella voglia di partire... poi a farlo sono pochi e quasi sempre gli stessi. A raccontarsi pure. Tutti ciclovacanzieri altrove!
Ma come? TripBook o Docutrip? Diretta FB o video montato ad arte o tutte le modalità di questo mondo?
Ogni volta che torno da un viaggio in bici, taac, arriva il messaggino degli amici sul docutrip di turno del buon Lorenzo Cherubini alias Jovanotti, per non parlare di Dino Lanzaretti o Lorenzo Barone. Il colpo di grazia finale me lo ha dato però mia suocera, divenuta accanita follower di "Aracataca" nella striscia mattutina su Rai 2 … e chissà come lei quante altre over 70 che di viaggi in bici non sanno un caxxo!
Beato chi con i tripbook “liquidi”, adeguandosi alla modernità, sa ricavarne anche gratificazione economica.
Fedele alla linea, non voglio cambiare sistema e continuo a preferire il racconto tradizionale non retribuito.
Non sono ancora pronto (ma ci sto lavorando) a tenere una telecamerina accesa 6/7 ore al giorno “video narrando” on the go. E ancora meno a farlo sulle piattaforme Tik Tok e compagnia cantante. Forse perché non so reggere il peso di una inquadratura da Gopro e temo di vedere la faccia che faccio quando sono in bici.
Si perde o si guadagna autenticità filmandosi addosso? Boh!
Il senso di un viaggio preferisco ancora raccontarlo, a singhiozzo, mettendo ordine nei miei sconclusionati lampi di scrittura dell’immancabile taccuino di viaggio cartaceo.
Vecchia scuola, narrando sulla cresta dell’ombra, per i pochi lettori che raggiungo con la mia impopolarità. Ma come diceva quella buon’anima radicale di Marco Pannella, “a volte bisogna saper essere impopolari per non essere antipopolari”.
Disquisizioni varie sullo storytelling al tempo delle piattaforme digitali e dei guru del bikepacking rimane intatta la voglia di partire, osservare, annotare, arricchirsi, stancarsi, riprendersi, piantare una tenda, scaldare un brodino, ripartire, fermarsi a fare una foto con l’autoscatto che perdi 10 minuti ogni volta per trovare l'inquadratura giusta … (e compratelo un cazzo di tripod o di bastone estensibile per selfie!) o mettere la bici in equilibrio in mezzo alla strada usando il casco come base invece di montare una bella stampella laterale.


Cosa spinge allora l’uomo a lasciare la propria casa e le proprie sicurezze per conoscere luoghi e affrontare fatiche?
Se escludiamo il #tripporn, ovvero viaggiare in bici per creare sana o insana invidia in chi è rimasto a casa, e il #sensationseeking, ovvero la spasmodica ricerca di stimoli ed emozioni forti, mi limito a viaggiare in bici per mettere a tacere i bisogni primari – mangiare, bere, dormire - e secondari, come vita all’aria aperta e svago ma quando capita anche quelli superflui, come ottenere un KOM, qualche kudos in più del solito e soprattutto diventare la local legend di svariate località note e meno note.
Cercando di essere seri, ma non troppo, "pascolo" su due ruote per cercare, a volte invano, la mia strada, ovvero quella auspicabile pace nel cuore che si riassume nel trovare il comfort nel discomfort, il relax nella fatica, la propria casa in una tenda, una piacevole routine il ripiegare una tenda fradicia e un brodino vegetale scaldato con il fornelletto un piatto stellato preparato da quel rottoincxxo di Bruno Barbieri.
Il viaggio “perfetto” è il risultato di un difficile equilibrio tra romanticismo e avventura, tra scomodità e fatica.
Insomma per me nel viaggio in bici, il bivacco e il cucinarsi qualcosa è fondamentale e quindi sono attratto ancora dai viaggi a tappe e meno dalla conquista di ultradistanze e megatraversate senza soluzione di continuità. Passenger per sempre! Eppure in modalità trail faccio esattamente l’opposto. Forse in bici devo espiare il mio senso di colpa per l’ultrarunning!


Dopo 9 giorni di fatica, bivacchi più o meno improvvisati - nonché più o meno comodi - e tanti meravigliosi paesaggi, la mia Gran traversé l'ho portata a termine come da programma.
Certo, forse ho fatto qualche chilometro in meno di quello che avevo preventivato, ma sicuramente con qualche emozione in più di quelle che pensavo di saper ancora provare. Più giornate di sole di quello che mi aspettavo, meno difficoltà di quelle che avevo messo in conto. Morale della favola … sono già pronto per il prossimo viaggio.
Vi lascio con una poesia scritta da mio figlio Beniamino e pubblicata sul giornale della scuola L'Arenetta dal titolo "Un messaggio importante":
Uomini e donne,
Piccoli e grandi,
Ricchi e poveri,
Tutti uguali
Per sempre.
Aiutate,
Non picchiate!
Questo è un SERIO messaggio
Di PACE.
Che soddisfazione, te ne vai a spasso in bici per il tuo viaggio interiore e ritorni a casa con un figlio poeta.
Anche quest'anno il premio padre dell'anno, o se preferite Dad of Distinction, me lo sono guadagnato.
In fondo è per questo che i vertici PH Apparel continuano a chiamarmi Ambassador pur non facendo praticamente nulla e spesso indossando capi di altri brand iconici.
E ringraziatemi che vi ho risparmiato quelli di France 50 (ottobre 2021), Lunigiana on my bike (febbraio 2022), Occitanie 51 (ottobre 2022) e Escape without Northcape (maggio 2022) … custodisco i quadernucci con appunti, lampi di scrittura, foto, percorsi.
“E’ che in certe vite ci sono storie di viaggio su cui non è possibile ritornare”.